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LA PAURA DELLA NOVITÀ

È terminata a Empoli, 99 su 100, la quarta avventura di Davide Ballardini sulla panchina del Genoa.

Due i momenti chiave del tracollo del mister ravennate, a mio parere:
1) la cessione della società: nonostante il suo rapporto nefasto con Preziosi, quest’ultimo, che lo cacciava e richiamava in continuazione, rappresentava comunque una sicurezza per lui. Con la nuova proprietà è come se, vistosi “a scadenza definitiva”, abbia perso stimoli e buon senso.
2) il secondo tempo di Cagliari: terza giornata, il Genoa ne viene da un rovescio a San Siro e una buona partita col Napoli, sfide affrontate con il 3 – 5 – 2, lo schema per cui questa squadra ha gli uomini e per cui è stata (malamente, per carità) costruita.
A Cagliari Ballardini raddrizza la partita da 2 a 0 per i sardi a 3 a 2 per noi nel secondo tempo, con il 4 – 2 – 3 – 1, un suo azzardo che paga.

Da lì in poi cerca in ogni modo di riproporre lo stesso modulo, per poi virare su altri, ma sempre con la presenza del trequartista, pure ieri a Empoli dove è risbucata la 3, anzi 5 secca e netta, dietro.

Il suo celebre buon senso di mettere ogni giocatore nel suo ruolo viene meno per la prima volta e si vedono esperimenti allucinanti: Fares ala sinistra anziché fluidificante nella 5 (ha sempre fatto la 5 in carriera), Cambiaso arretrato nella 4 a costo di sacrificarne la spinta, Melegoni e poi Tourè all’ala destra con la Fiorentina, Biraschi quinto a destra ieri a Empoli, per non parlare delle tonnellate di giocatori schierati trequartisti, quando è più che palese che noi di fantasisti non ne abbiamo: da Hernani a Bologna a Badelj a Salerno, da Rovella a Melegoni, da Sturaro a Galdames.

Stavolta Ballardini ha perso il buon senso e l’umiltà, da lui sbandierata pure ieri, che lo avevano sempre contraddistinto.

Anche diverse dichiarazioni alla stampa sono parse polemiche e fuori luogo.
Grazie a Ballardini per il grande passato, per averci tenuto tante volte in A, non è possibile però assistere inermi al naufragio solo per riconoscenza o paura di cambiare.
Veniamo appunto al sostituto. Forse sarà Sheva e non Pirlo, ma potrebbe essere anche Sacchi, Capello o Klopp, che per molti di noi non andrebbe bene.

Per tanti infatti se c’è Ballardini, costui non va rimosso dall’incarico. Nemmeno in caso di B viene da pensare…
Al massimo per i ballardiniani convinti andrebbe bene Nicola, giusto perché è assai conosciuto qua da giocatore e perché ci ha salvato due anni fa da allenatore (ebbe grandi meriti).

Più che l’ignoto fa paura chi non è mai stato qua finora.
Invece è necessario un cambiamento definitivo di volti e più ambizioso.
Sheva ad esempio, dopo una leggendaria carriera da calciatore, che però in questa situazione serve a poco, finora ha allenato solo la Nazionale ucraina, peraltro molto bene.

È un azzardo in una situazione simile? Sì.
È destinato per forza a fallire? No.
È lui un mister di cui la società è convinta? Sì.

Si porterebbe, in caso di ufficialità, uno staff navigato con Tassotti e, soprattutto, immaginiamo pure che abbia ottenuto ampie garanzie sul mercato per accettare.
Altrimenti chi gliela farebbe fare di venire qua con il rischio di bruciarsi una carriera nella serie A che tanto gli ha regalato in passato?

L’imperativo per la nuova guida tecnica, chiunque essa sarà, in ogni caso è quello di dare una sterzata, pur con un calendario difficile, prima di gennaio; arrivare al mercato, posto alla fine del girone d’andata, con 11 o 12 punti in 19 giornate sarebbe drammatico.

Vittorio Semino
Vittorio Semino
Genovese, 30 anni, "malato" di calcio e ciclismo (non quello blucerchiato), il Grifone come fonte di gioia e (troppo spesso) amarezza.

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