Parlare dell’ avventura di Enrico Preziosi al Genoa equivale a riscrivere Guerra e Pace, o la Divina Commedia con Inferno, Purgatorio e Paradiso concentrati assieme come in uno shaker lungo diciott’anni di presidenza, più spesso nel volgere di pochi mesi, giorni o attimi. Come nel 2005, quando andammo a dormire tornati in A dopo 12 lunghissime stagioni e ci risvegliammo in C1 meno 3 con l’ onta della corruzione ed esposti al pubblico dileggio. Oppure, quando qualificati per la seconda volta nel giro di poco tempo all’ Europa League, grazie all’ ennesimo miracolo sportivo di Gasperini, scoprimmo nostro malgrado che la licenza UEFA non esisteva e non era possibile neppure fare ricorso. “Senza licenza porta pazienza” recitava lo striscione del menaggio balneare. Semmai che non ne abbiamo avuta……. 7
Nel mezzo, un turbinio ossessivo di operazioni, mancati pagamenti, contenziosi di ogni tipo, tra fuoriclasse, buoni e medi calciatori, ma pure tanti, troppi carneadi passati di qua solo per alimentare la macchina del trading compulsivo, vera specialità della famiglia.
Famiglia a cui, va dato merito di aver dapprima salvato l’ insegna più antica del football italiano, quindi di averle garantito la più lunga permanenza nella massima serie del Dopoguerra. Il come è un esercizio facoltativo, nel senso che a molti l’ andazzo è andato bene così, sotto qualsiasi forma, anche se poco a poco, pure gli stomaci più tolleranti, han finito per non reggere più un cinismo al limite dell’ offesa e la totale assenza di un progetto sportivo. Il Genoa dell’ ultimo Preziosi, quello post Gasperini-bis, non si è capito bene se vivesse per giocare o giocasse per continuare a vivere, attaccato a un respiratore con difficoltà sempre più crescenti. Se, all’ inizio, il tourbillon era comunque improntato verso una certa ambizione ( la famigerata parte sinistra), con la fine delle comproprietà e una gestione scellerata delle plusvalenze copiose realizzate negli anni, il giochino si è trasformato in una penosa via crucis, fatta di acquisti mordi e fuggi e vendite all’ incanto di ogni gioiello di famiglia senza il minimo ritegno.
Il settore giovanile, vero fiore all’ occhiello della sua gestione, anziché fare da naturale serbatoio alla prima squadra, consentendo una graduale maturazione dei nostri ragazzi, è stato ridotto a fabbrica da plusvalenze, da fare subito, sotto qualsiasi forma, pur di tappare le falle di un bilancio che, caso unico in Europa, non consentiva mai una programmazione decente. La precarietà più estrema è stata la cifra degli ultimi 6/7 della sua presidenza, con conseguente svilimento di ogni progetto tecnico, anche minimo. Allenatori cambiati come mutande, talvolta uccisi nella culla per l’ impossibilità di mantenere una rosa senza stravolgerla in anni in cui l’ azionista di riferimento non immetteva più denaro, ma non riusciva a raddrizzare la barca nonostante vendesse tutto ogni 4 mesi. Non è dato sapere se, senza i fatti del 2005, la storia avrebbe potuto essere differente. Probabilmente no, perché il soggetto è quello e quelle sono le sue modalità, tuttavia il dubbio rimane. La città non lo ha accolto bene, anzi lo ha accettato, ricambiata, controvoglia. Ma, lui ha saputo togliersi comunque le sue soddisfazioni. Come quella di spedire in B la squadra del Principe Rinascimentale e riuscire a vendere il Genoa in tempo utile, nonostante il rampollo avesse vaticinato disgrazie. Tra i suoi più grandi meriti, anzi il più grande senza dubbio, aver assunto (e ahinoi cacciato) due volte uno dei più grandi allenatori del nostro tempo, col quale ha raggiunto due qualificazioni europee e tutta una serie di record, non ultimo quello d’ esser stato l’ unico club promosso in A senza disputare i Play Off nella Serie B più difficile di sempre.
Quando il tempo poserà la polvere su questo regno, il più lungo della storia ultracentenaria del Genoa, resteranno solo i freddi numeri, mentre il sangue marcio e le incazzature dei genoani saranno solo echi lontani. Allora i meriti prevarranno sulle ignominie e la sua presidenza risulterà fondamentale per aver salvato il club più antico d’Italia al Tribunale di Treviso, avergli consentito la più lunga parentesi nella massima serie e, forse, esser per tempo riuscito a vendere a chi avrà potuto fare meglio di lui per il Vecchio Genoa.
Il tempo dirà.
Realtà genoana