Leoni da tastiera. Scarafaggi da pattumiera. Conigli dell’aerosfera. Non ti curar di loro, ma guarda e passa. Facile a dirsi. Facile a farsi. Non devi essere per forza Houdini per sparire ai loro occhi. Non potendo sparare, almeno sparisci. Sparisci tu, per far sparire loro. Geniale. «Non siete voi che mi cacciate, sono io che vi condanno a rimanere».
Nella latrina immonda che vi siete costruiti a vostra immagine e somiglianza, io che c’entro? Non entro. Male che va, esco. Me la batto. Ciao ciao cretini. Dissolversi sul più brutto, in pieno bailamme, chiudere il sipario sul pollaio che chiamano “social” per far finta che un rutto sia un tono, e gustare finalmente, da fantasma realizzato, quel medio della mano destra e l’indice della sinistra che restano sospesi sulla tastiera, scortati a tre palmi sopra l’ombelico dall’occhio bovino e stupefatto che più non identifica il bersaglio da impallinare.
Gli insulti a Cesare Prandelli
Insultato anche Cesare Prandelli. La sua colpa? Essere Cesare Prandelli. Un uomo dalla sensibilità acuta che si sente soverchiato. Da cosa? Dalle trame di un mondo in cui non trova più uno strapuntino decente. Lascia, dunque, abbandona una storia che lo sta abbandonando. Scrive anche una bella lettera per raccontarlo. Giusto? Sbagliato? Ammirevole? Deplorevole? Chi sono io, chi siete voi per giudicare? Non vi basta prendere atto di una scelta comunque rispettabile? Cesare sbaglia quando si lascia ferire. La sensibilità è un pregio solo quando sei tu a stabilire da chi farti ferire.