La mia rabbia agonistica, la voglia di prevalere, di affermazione, il mio attaccamento al Grifone, la trovo oggi in un giocatore simbolo, Stefano Sturaro: Stur.amo, diventato per me Sturi.
Lui ha una storia di infortuni alle spalle che chiunque altro al suo posto avrebbe già appeso gli scarpini al chiodo. Lui no, sopporta e si rialza, sempre.
Così già a 16 anni scoprì di avere un osso in più all’attacco della tibia che gli faceva gonfiare i piedi. Operazione, un anno di stampelle e via di nuovo in campo.
Va a Modena 2 infortuni gravi e poche partite. Gasp lo vuole e il 25 agosto 2013 fa il suo esordio in serie A.
Poi 3 anni gloriosi alla Juventus. Ed io a soffrire al suo gol in Champions. Va in Portogallo allo Sporting, ma un grave infortunio non lo farà scendere mai in campo.
Ritorno a Genova e gol alla Juventus, sembra un sogno, si rompe di nuovo, il ginocchio. Rientro e gol a Ferrara. E poi non trova spazio e fa un’esperienza al Verona.
Ancora un ritorno a Genova, torna titolare, ma un nuovo stop è alle porte proprio alla fine del campionato scorso. Intervento al tendine. Una lunga riabilitazione e ora eccolo di nuovo in campo a macinare chilometri, a fare allunghi al centro o in fascia. A chiudere e pressare gli avversari. A discutere con l’arbitro. Lui è battaglia, guerriglia.
Col Grifone tatuato, non molla mai e così come nella vita nella partita fa pressing sull’avversario. Proprio come domenica sradica il pallone e fa chiudere il match con lo Spal. Il suo marchio di fabbrica è il colpo di testa, sale in alto, inarca la schiena e con la testa dà una frustata pazzesca al pallone.
Lui è il simbolo del Grifone anche quando qualche volta un suo intervento in eccesso e sanzionato col giallo ci fa scuotere la testa, ma lui è così, Grifone dentro e fuori. Prendere o lasciare, Ed io prendo. Stefano Sturaro: Stur.amo.