03 Dicembre 2024
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DUE INVOCAZIONI ED UN ATTO DI ACCUSA

“Uomini senza fallo, semidei che vivete in castelli inargentati…” recita “Due invocazioni ed un atto di accusa”, forse il punto più alto, personalmente, di Fabrizio De André. La prima invocazione è diretta alla tifoseria: ora più che mai è il momento di compattarsi ed unirsi. Ora è il momento di ruggire più forte di prima. Chi voleva che cadessero teste sarà presto accontentato. Non diamogli modo di continuare il loro goffo gongolamento.
La seconda è diretta alla società: gli sbagli fanno parte del percorso ed aiutano a crescere.

Le scelte non sono state delle più felici ed i risultati, fin’ora avevano mascherato questi errori. Adesso non è più possibile mascherare. È ora che ci si guardi negli occhi e chi ha sbagliato o paghi le conseguenze o si butti a capofitto per rimediare. Le scelte, in buona fede, non hanno pagato. Si può recuperare, ma riducendo al massimo l’errore.
L’atto d’accusa lo rivolgo a parecchi: a chi fin dall’alba di questo campionato ha messo in discussione tutto e tutti, ventilando ritorni romantici ed aizzando gli scontenti e gli scottati.

La rivolgo a chi fin dall’inizio pronosticava questa situazione, vantandosi nell’augurare sconfitte per vedere ribaltoni e scoppiare bugne. La rivolgo a chi fin da subito sapeva che sarebbe finita così. Non vi devo scuse, perché non avevate ragione, non avete visto lungo. Semplicemente dite che tutto andrà male, a prescindere da chi ci sarà. E sono convinto che il nuovo allenatore entrerà subito nel vostro cerchio di pessimismo. Perché, comunque, non andrà bene. A chi invece esulta per la sconfitta, dico di augurarsi da qui alla fine di vedere un Genoa schiacciasassi. Perché se così non fosse, sarebbe allora vero quello che io ho sempre sostenuto, cioè che il Genoa non è la corazzata che tutti pensavano e che alla fine certe valutazioni erano figlie di malafede e rabbia repressa, piuttosto che di capacità intellettiva. Vi chiedo di gioire per le vittorie, non per le sconfitte. Perché a voi restano 5 minuti di gloria, a noi il fegato marcio. So che sarà difficile, perché se tutto va bene non avrete modo di sentirvi profeti adulati, ma provateci. Perché io spero di sbagliarmi augurando il meglio, voi sperate il peggio per augurarvi di non sbagliare.

OVUNQUE E COMUNQUE

Stefano Zaghi
Stefano Zaghi
34 anni, ferroviere. Papà mi ha trasmesso la malattia per il Genoa. "E capire tu non puoi, se non sei come noi"

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