Di Fabrizio Villa
Eravamo ridotti ad un’agenzia di collocamento per calciatori, un mero strumento di trading per acrobazie contabili e plusvalenze. Tenuti in serie A attraverso torte alle ultime giornate, con due-tre allenatori a stagione ed un direttore sportivo nuovo ad ogni giugno. Umiliati da cessioni oltraggiose, anche a metà stagione, anche di quei pochi calciatori che accendevano un minimo di passione identitaria, monetizzati, spesso pure miseramente, dopo poche presenze, sull’altare dei buoni rapporti con procuratori ed altri presidenti.
Ci era preclusa ogni prospettiva che potesse succedere qualcosa di buono. Quel galleggiamento, opaco ed anestetizzante di ogni passione, era in sostanza il massimo che potessimo augurarci, rispetto allo spettro di fare la fine del Como e del Saronno o di scoprire, in una mattina d’estate, che no, quell’anno non era stato possibile iscriversi al campionato.
Non dimentichiamocelo, qualunque cosa succeda da adesso in avanti.
Nell’anno della retrocessione, con giocatori modestissimi, ed alle porte di un anno di serie B lungo ed incerto, si è riaccesa la passione. I ragazzini hanno riempito la gradinata, corrono ad abbonarsi e sono orgogliosi di essere genoani, parlano di Genoa, vanno in giro con la maglia del Genoa, progettano trasferte ed attaccano gli adesivi del Genoa sui muri della città in cui sono in vacanza.
Siamo in serie B e forse non segniamo neanche con le mani, ma la differenza rispetto a prima è che non è più vietato sognare.
Come è per tutti i sogni, specie quelli che riguardano il Genoa, può darsi che non si avveri subito o può darsi che non si avveri mai, ma sentirsi genoani è di nuovo bello. Il valore di tutto questo è immenso e va al di là del fatto che torneremo su quest’anno o tra due anni, e non importa se Blessin sarà il nuovo Scoglio o il nuovo Gasperini, oppure solo uno di passaggio.
Quel che importa è che, finalmente, possiamo di nuovo dire “noi siamo il Genoa e chi non ne è convinto posi la borsa e si tolga le scarpe”.
Fabrizio Villa