Il Genoa esce con le ossa rotte da un derby qualitativamente immondo tra due compagini degne della media serie B, incapaci di produrre gioco e dedite solo alla distruzione.
La differenza sta nel fatto che gli altri hanno un minimo di qualità offensiva, il povero Grifone invece no.
E in un rigore parato da Audero / sbagliato da Criscito.
Ammetto di non aver mai amato quest’ultimo, ma gettargli la croce addosso è quanto di più ingiusto esista.
Fino a dicembre, prima di infortuni ed emarginazione, era stato il giocatore dal rendimento più alto della squadra e nel derby certamente ha figurato meglio lui di un Vasquez autore di una buona stagione, ma palesemente da difesa a 3.
L’errore dal dischetto, specialità in cui non ha quasi mai deluso, è capitato perfino a Baggio e Baresi nella finale del Mondiale americano, figurarsi se non può capitare a Criscito.
Blessin è Dr. Jekyll e Mr. Hide: eccellente nelle prime partite (divertentissimo il suo esordio con l’Udinese e perfetta la sfida di Bergamo), ha saputo anche nel prosieguo mettere a posto splendidamente la difesa, a fronte di una fase offensiva agghiacciante.
Al di là del tasso tecnico imbarazzante degli interpreti del reparto offensivo, non è concepibile produrre al massimo una palla gol a partita e non avere una trama d’attacco che sia una.
La stella polare non può essere sempre e solo lo 0 a 0 con la speranza che un episodio (vedasi Torino e Cagliari) regali la vittoria.
Oltre al pressing, non sempre attuabile al massimo, serve altro.
A onor del vero, vanno anche ritenuti rispettivamente bizzarro l’ostracismo verso un terzino di ruolo come Hefti e assurdo il cambio fuori Amiri / dentro Melegoni, tipico giocatore bellino e nulla più da salotto.
Non rinnego Blessin, la stima umana e l’organizzazione trasmessa, nè il fatto che sia stato l’unico bagliore di speranza; semplicemente la squadra pare averlo contagiato nel tracollo.
Ora ci attende la B, i discorsi sono pochi.
Quali sono i punti fermi?
Uno solo: la società.
Ben inteso, come società intendo i 777, non Spors e Blessin.
Del primo, nonostante il fiasco, mi fiderei più in serie A da inizio stagione che in B, in una realtà che conosce ancora meno e dove gli azzardi pagano poco.
Detto questo, 99 su 100 resterà e starà a lui riscattarsi ed imparare a muoversi anche nel mercato interno, tanto bistrattato quanto opportuno da coltivare.
La litanìa perpetrata dai tifosi del marcio dei procuratori, del sistema a cui stoicamente non ci si piega e quant’altro è meglio che finisca, perché in determinati casi conviene a qualsiasi società pure a livello sportivo.
E tutte le società italiana, pure le più sane, collaborano con procuratori italiani che gestiscono calciatori dei nostri campionati.
Le utopie da libro cuore è meglio lasciarle da parte.
Quanto a Blessin, dipende se è in grado di allestire una squadra pungente davanti, compatibilmente con i giocatori che arriveranno.
In B infatti si partirà con l’obiettivo di risalire immediatamente e dunque di vincere parecchie partite.
Ho parlato sopra di giocatori in arrivo, perché pochi dei presenti danno garanzie in B.
Semper, Hefti, Bani e Vasquez, per rimanere a giocatori di nostra proprietà e plausibili da confermare, sono i più indicati a fornirle in B, seguiti da Frendrup (da valutare però nel suo vero ruolo a metà campo) e tutto sommato un dignitoso Galdames.
Sarebbe bello ottenere la conferma di Østigard e di Badelj, tutt’altro che scontate per motivi diversi: il norvegese è in prestito ed ha offerte dalla serie A, il croato ha un ingaggio assai pesante per la B.
Cambiaso potrebbe togliere le tende, in caso contrario sarebbe utile.
Tra i nuovi, se Gudmundsson almeno è costato poco ed appare onestamente sacrificabile, Yeboah è molto giovane, è stato un investimento assai oneroso della società e dunque andrà trovata una soluzione, interna o meno, per non vederlo drasticamente deprezzato.
Basta attendere il sospirato finale di questa agonia e sapremo quest’estate.