Di
Fabio Cavaliere
Ho avuto la fortuna di fare un dottorato ad Amburgo e di rimanere per anni in contatto con la realtà della ricerca in Germania. Parallelamente, vivendo in Germania, ho assaggiato un po’ dell’atmosfera Teutonica – specie in ambito professionale. Da quando sono tornato in Italia (perché va bene tutto, le Marzen vanno giù che è un piacere e lo stinco con i SemmelKnoedel è tanta roba ma vuoi mettere pesto e focaccia?) e mi sono scontrato nuovamente con la realtà Italiana, mi è sempre mancata – ormai sono vent’anni e mi sento tanto vecchio – quell’atmosfera. Un misto di professionalità, ordine, un’attitudine al lavoro sana (si entra presto, si esce presto. Quando sei al lavoro si lavora e basta, quando sei fuori dal lavoro non ci pensi sino al giorno dopo). Una educazione che non impedisce di dire pane al pane e vino al vino. Una compostezza che non impedisce di essere entusiasti e propositivi.
Sentendo parlare Blessin, prima ancora di quel che dice è quella compostezza che mi ha colpito. Una compostezza che trasmette forza e solidità. Significa che farà sicuramente bene? Ovviamente no, ma significa secondo me che un altro corso è possibile e che non esistono solo i cavalli di ritorno, i “genoani DOC” (non dubito che Nicola lo sia). Non esiste solo il pescare dal solito calderone dei soliti N allenatori che hanno fatto delle squadre di medio-bassa classifica il loro feudo personale. Allenatori che vivono per traghettare, che si accontentano. Che magari ci mettono grinta (di facciata) e impegno ma che hanno smesso di aggiornarsi, o di aggiornare il loro modo di pensare, da vent’anni almeno. Non che siano un male o il male, è che personalmente mi sono un po’ rotto di avere una sola via d’uscita dai problemi. E’ limitante, è persino rischioso a volte.
Ho visto le prime fotografie dell’allenamento, sicuramente selezionate ad arte tra tante, ma ho visto un allenatore che cerca un contatto fisico con la squadra. Barrando a priori che si tratti di un maniaco sessuale (il che rappresenterebbe forse uno dei primati che solo il Genoa potrebbe vantare), vedo un atteggiamento diametralmente opposto rispetto alla compostezza di quel campione eternamente triste che è Shevchenko (o come minchia si scrive). E’ la risposta giusta ai bisogni della squadra? Non ne ho idea, ma è un approccio diverso a livello qualitativo ed è quindi una strada nuova. Siamo così tanto nella merda, che forse è davvero il caso di cercare la via d’uscita anche in direzioni almeno per noi poco usuali. Quella comunicazione non verbale a me è piaciuta proprio tanto, non è solo avere un mister che urla e sbraita a bordo campo (sono sicuro che Blessin lo farà sino a richiedere una plastica alle corde vocali), è avere un mister che ha comunque capito che oltre agli schemi qui serve un lavoro forte sulle persone perché gente come Sturaro o Badelj (anche qui, o come cazzo si scrive) sicuramente sono bolliti ma ora stanno rendendo un centesimo di quanto possa rendere un bollito. Che poi, il bollito è pure buono e quasi quasi lo preparo per il weekend, ma sto divagando.
Ho letto l’editoriale (o quel che è) del sig. Zazzaroni – sono così poco dentro al mondo del calcio da neppure sapere chi sia ma non importa. Dopo avere fatto la sua personale ricostruzione della recente storia del Genoa e dopo avere espresso in modo molto garbato tutto il suo scetticismo, cosa per cui lo ringrazio anche se sto ancora tentando di capire esattamente cosa dovrei farmene, conclude con un aforisma: “La novità non è originalità, né modernità”. E’ pure citato, vuol dire che questa massima proviene da una persona di grande statura intellettuale o morale. O magari era solo un tizio molto alto e stazzato, chi lo sa? Come che sia, oggi mi sono svegliato di buon umore quindi mi permetto di aggiungere una frase a quella citazione (perché tanto era un esercizio di stile, perché non posso farlo pure io?): “La novità non è originalità, né modernità. Ma senza novità di certo non si arriva all’innovazione.”
Probabilmente non funzionerà, probabilmente non diventeremo un nuovo modello da seguire. E non lo dico perché non creda nel modello della nuova dirigenza. Lo dico perché l’Italia non è mai (a nessun livello, neppure nel calcio) il luogo dove si può innovare davvero. L’Italia è un enorme dinosauro dal metabolismo secolare e se sei una realtà dinamica e brillante hai solo due chance: o ti adegui e ti fondi con il dinosauro o, se puoi, te ne vai. Non è un caso se le migliori menti sistematicamente emigrano – e non è un caso se rientrano solo le meno migliori delle migliori.
Non è neppure un caso se io alla fine sono tornato in Italia e ora faccio parte del Dinosauro, una piccola falange che tenta di insegnare un po’ di Fisica ai prossimi docenti di Matematica e Fisica dei nostri licei. Non illudetevi, io sono tornato perché non sono neppure lontanamente tra le migliori menti. E non sono neppure troppo sicuro che il mio sbattermi per insegnare a queste giovani menti sia sintomo di vocazione profonda: magari alla fine lo sto solo facendo perché spero che le mie due bimbe trovino dei prof. di Mate e Fisica un po’ migliori di quelli che c’erano ai miei tempi – e che ci sono oggi. Ma anche questa è un’altra storia, sto divagando – è la senilità.
Mi manca tanto la Germania, ma ultimamente mi manca un pochino di meno. Personalmente, grazie per questo alla nuova dirigenza.
Ah, comunque Doria m.rd@.