Di
Maurito Boselli
Diciamoci la verità, non sarebbe stato ragionevolmente possibile liberarsi di Preziosi senza pagarne un prezzo.
Quanto salato al momento non lo sappiamo, ma non era pensabile uscire indenni da un quasi ventennio che ha concentrato in sé tutto il peggio del calcio Made in Italy.
Il Genoa, ce ne accorgiamo ora, non era più un club di football, faceva altro.
Difficilmente si era assistito alla demolizione di una squadra come quella avvenuta nell’ultima sessione di mercato, riuscendo a sbagliare tutti i sostituti.
Dei partenti Shomourodov, Scamacca, Zahic, Pjaca, Zappacosta, Strootman, Perin, Pellegrini, neppure uno è stato sostituito degnamente.
La vecchia proprietà, all’ultimo giro, ha raschiato il barile fino in fondo e oltre, nell’usuale, sordido intreccio di reciproci favori con procuratori e presidenti amici.
Operazioni come Hernani ed Ekuban, sono da processo per direttissima e condanna senza appello. Toure’, Galdames, Buksa, oscenità senza vergogna. Così come la farsa Caicedo. Che a questo punto, è lecito pensare, avesse messo in atto la propria strategia eversiva già dalla primissima amichevole in quel di Alessandria. Guarda caso, amico Lotito, aveva impellente necessità di realizzare.
Aggiungiamoci la scelta di proseguire con un allenatore che non aveva alcuna voglia di imbarcarsi nell’ennesima avventura al buio, con una squadra smembrata di ogni suo punto di forza, salvo restare aggrappato al lauto rinnovo di contratto. Perché genoano dentro, dicono i suoi fans.
In questo contesto allucinante, sentire genoani (pochi per fortuna), tirare in ballo la nuova proprietà, fa veramente rivoltare lo stomaco. Anzi, fa proprio incazzare.
Per fortuna, a dare un senso alle sofferenze, come una luce che trafigge le tenebre, ecco le parole di Josh Wander, ricondurre tutto nell’alveo della nuova dimensione, fatta di pragmatismo e risorse, di persone giuste al posto giusto (vedi il nuovo Direttore Generale Spors), alla forza di un progetto dal quale non si prescindera’ costi quel che costi. La sconfitta nel derby viene inquadrata nell’ottica di un percorso di crescita appena iniziato, nel quale la società crede ciecamente. Non ci sono ultime spiagge o “partite che valgono una stagione” nelle parole di Wander-ful, tutto è visto come fase di un progetto.
“Siamo fiduciosi di riportare il club dove merita”.
Parole che a queste latitudini non si erano mai sentite, data l’ abitudine di campare alla giornata, dove la programmazione non era semplicemente contemplata.
Di fronte a tanta chiarezza di intenti, ogni scoria di cattivi pensieri, ogni sindrome da destino avverso, vengono destrutturate e dentro scende la pace. La certezza che la lunga traversata nel deserto stia per terminare e che, se pure si dovesse ripartire dal basso, sarà veramente l’ ultima volta. Così come quello di ieri, è stato l’ ultimo derby affrontato come una montagna da scalare con i pesi alle caviglie.
D’ altro canto, per capire cosa saremmo oggi senza i 777 Partners, non serve neanche sforzarsi, basta guardare di fronte.
Lasciamo loro quest’ ultima vittoria di Pirro, la resa dei conti è appena cominciata.