Quando ieri mattina, piuttosto presto direi, ho appreso la notizia della creazione di questa superlega ho subito pensato ad un pesce di aprile.
Quando, in verità, mi sono reso conto che era il diciannove e non il primo di aprile, ho avuto un sussulto.
Arroganza, slealtà, capriccio, supponenza, alterigia e presunzione sono i primi sostantivi che mi sono passati per la testa.
Un misto di disgusto e malinconia.
Il disgusto per l’arroganza che anima certe persone e la malinconia nel ricordare il calcio che ci ha fatto innamorare. Quel calcio non c’è più. È definitivamente morto.
Se il comportamento di taluni figuri non stupisce, il ricordo del calcio che fu e che non è, e soprattutto non sarà, lascia tanta malinconia.
Se ci pensiamo bene, questa eutanasia di una passione, come si potrebbe titolare l’attuale situazione, è figlia del tempo e della bramosia di accumulare e (spesso) sperperare montagne di denaro.
Il manifestarsi di questa necrosi che ha colpito il gioco del calcio, ha inizio con l’albore del calcio a pagamento sulle emittenti private.
Si paga per vedere; non esiste più, o comunque è sempre più calmierato, come il pane in tempo di guerra, il calcio “gratis”.
Si inizia potendo acquistare l’abbonamento alla Paytv per le “sole” trasferte di una squadra.
Non si vuol permettere di rendere esclusivamente televisiva una passione.
Poter comprare solo le gare esterne, incoraggia la consueta assidua presenza fisica nello stadio di casa.
Ma presto i club si vendono l’anima e permettono al Broadcasters di “vendere” il pacchetto completo home/away dietro un compenso, oserei dire lauto, elargito alle società sotto forma di diritti televisivi.
Ora si prova (riuscendoci) a svuotate gli stadi offrendo il prodotto da fruire comodamente seduti sul divano.
La deriva è solo all’inizio
Si, perché, poi comincia lo spezzatino di tutte le giornate con partite ad ogni orario, anche i più improbabili, per poter mungere ancor di più la mucca.
In vero, però, ad essere munto sono solo i tifosi che sottoscrivono abbonamenti alle TV.
Il degrado è sempre più dilagante.
Le TV decidono orari, giorni e posizionamento delle gare a solo uso e consumo di rendere appetibili i palinsesti
Il tifoso digerisce, a dire il vero non senza difficoltà, questa situazione.
Ci hanno cambiato abitudini, testa e cultura in nome del denaro.
La deriva aumenta e la notizia di queste ore non è altro che l’incancrenirsi di una situazione che sta sfuggendo di mano.
Campionati ad inviti senza la benché minima idea di sport, di meritocrazia, di valore.
L’eutanasia di un sogno si confronta con la dura realtà del potere del denaro.
Il risultato è quello, nefasto, con cui qualcuno è andato a letto l’altra sera e con il quale qualcun altro si è svegliato la mattina successiva.
No, signori, non è un incubo, è la realtà.
Una realtà di carta col sapore spregevole del dio denaro.
Così è. Anche se non vi pare.
Luca Ferrari