Ho volutamente fatto trascorre la serata di sabato e la giornata di ieri prima di scrivere.
Se lo avessi fatto a botta calda sarei stato passibile di qualche conseguenza non del tutto piacevole.
Oggi sono più libero da adrenalina e vorrei parlare di due persone, poiché l’appellativo “uomini” ognuno di noi se lo deve guadagnare nel corso della vita.
Queste due persone sono l’arbitro e l’allenatore entrambi avversari nell’ultima di campionato.
Il primo è la chiara espressione di colui che non è adeguato a svolgere una mansione così importante. Voglio pensare che non sia adeguato, altrimenti non riuscirei a capire come possa commettere errori in serie.
Conte, che peraltro è una persona che non mi è particolarmente simpatica, ha espresso un concetto che mi sento di sottoscrivere “sempre tu, sempre tu”.
Supponenza, alterigia, spocchia e incompetenza non possono essere attribuito di colui che è chiamato a giudicare.
Purtroppo con certe persone in mutande e fischietto è difficile instaurare un dialogo.
La prepotenza con la quale avvalorano tesi e decisioni senza il minimo dubbio di poter aver sbagliato è di una pochezza che non ha limiti.
L’unico limite sono proprio le loro capacità.
L’altra persona sulla quale vorrei esprimere un ragionamento è l’allenatore della squadra avversaria.
Mentre il suo calciatore si scusava per il fallo commesso e, forse non se ne dava pace, questi protestava con un’arroganza, senza pari.
Le parole di fine gara, poi, testimoniano come onestà intellettuale e lealtà sportiva siano merce rara che non si trova sui banchi di un supermercato.
Prendiamo atto ed andiamo avanti.
Non vi si chiede di essere signori, ma “solo” uomini.
Luca Ferrari