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Chi era Luigi Burlando? di Enrico Barbieri

Pierre de Coubertin, fondatore dei moderni giochi olimpici, suggerì che il motto del Comitato Olimpico Internazionale, fondato nel 1894, fosse “Citius! Altius! Fortius!”. Con questa triplice esclamazione latina, il barone di Coubertin voleva esortare gli atleti al continuo superamento dei propri limiti agonistici, dimostrandosi quindi più veloci (atleticamente), più forti (intellettualmente e mentalmente) e più alti (spiritualmente).

Se per molti rimase un semplice slogan, Luigi Burlando ne fece invece una filosofia di vita, tanto da essere definito da Aldo Merlo, famoso giornalista genovese, come “l’unico personaggio sportivo effettivamente decoubertiano”, uno che “aveva vinto tutte le sue battaglie”. La Stampa lo descrisse invece come “una delle figure più significative dello sport genovese di tutti i tempi”.

Questi, come è capitato a me, vi sembreranno elogi di circostanza, che potrebbero essere stati dedicati, con tono più o meno retorico, a qualsiasi sportivo abbia fatto parlare un minimo di sé, soprattutto in un contesto limitato alla città di Genova. Ebbene, sappiate che vi sbagliate di grosso, perché stiamo per parlare di una figura davvero leggendaria dello sport italiano. Arrivati a questo punto, spero vi stiate domandando “chi era Luigi Burlando?”.

 

Luigi Burlando: un’infanzia difficile

Luigi Burlando, nato a Genova il 23 gennaio 1899, comprese presto il senso della parola “responsabilità”. Rimasto orfano di madre mentre frequentava le elementari, dovette infatti affrontare un’infanzia difficile; c’era da preparare da mangiare, da curare i due fratellini più piccoli e tenere in ordine la casa. Era dunque giovanissimo quando trovò lavoro nel porto e, forse proprio alla ricerca della spensieratezza perduta, iniziò a frequentare sia la palestra dell’Andrea Doria che il campo da calcio dell’Audace. Debuttò poi in prima squadra tra le fila doriane a soli 16 anni, mentre intorno a lui soffiavano venti di guerra.

Luigin, come lo chiamavano gli amici, era un “ragazzo del ’99” e venne chiamato alle armi allo scoppio del primo conflitto mondiale, venendo assegnato al reparto di Artiglieria sul Piave. A differenza di Luigi Ferraris, Burlando tornò sano e salvo, riprendendo a giocare nell’Andrea Doria e facendo dello sport il suo nuovo campo di battaglia.

 

Luigi Burlando: uno sportivo eclettico

Negli ultimi decenni, gli amanti delle competizioni sportive hanno potuto assistere alle gesta strabilianti di veri super atleti, come Michael Phelps nel nuoto, Cristiano Ronaldo nel calcio, Usain Bolt nella corsa o Roger Federer nel tennis. Stiamo parlando di veri e propri fenomeni, che hanno letteralmente polverizzato tutti i record nelle loro rispettive discipline. Tuttavia, nessuno di loro può vantare l’eclettismo di Luigi Burlando.

Al ritorno dal fronte, Luigin partecipò infatti alle Olimpiadi di Anversa del 1920, venendo convocato sia dalla Nazionale di calcio che da quella di pallanuoto. Si tratta di uno dei casi più particolari della storia dello sport. Se, infatti, ci sono stati atleti in grado di partecipare alle Olimpiadi sia come nuotatori che come pallanuotisti, nessuno di loro si è mai trovato a partecipare, anche a distanza di poche ore, a sfide di così differente natura.

Se quanto detto fin qui non fosse sufficiente a strabiliarvi, sappiate che Burlando non si limitò ad eccellere nel calcio e nella pallanuoto. Oltre ad amare la ginnastica pura, Luigin arrivò infatti a competere a livello nazionale anche nella scherma con il bastone e a laurearsi due volte campione italiano nella boxe francese (savate), nel 1921 e nel 1922.

 

Luigi Burlando e la chiamata del Genoa

Dopo l’esperienza Olimpica, Burlando ricevette la chiamata più importante della sua vita, quella di William Garbutt, che stava costruendo un Genoa destinato a diventare invincibile. Insieme ai compagni di mediana Ettore Leale e Ottavio Barbieri, andò a costituire un terzetto leggendario, che contribuì alla vittoria di due campionati consecutivi nelle stagioni 1922/23 e 1923/24, il primo dei quali senza subire nemmeno una sconfitta. Con il Genoa Burlando partecipò anche alle edizioni del 1929 e del 1930 della Coppa dell’Europa Centrale, non arrivando però mai oltre i quarti di finale.

L’esperienza rossoblu di Burlando durò per 11 stagioni, condite da 234 presenze e 9 gol. Durante gli stessi anni, Luigin continuò però a dominare anche con la calottina da pallanuoto dell’Andrea Doria, con cui vinse cinque campionati tra il 1921 e il 1926, interrompendo, con grande ironia della sorte, il dominio incontrastato della sezione pallanuotista del Genoa.

 

Luigi Burlando: la carriera da allenatore

Giunto ormai quasi al termine della sua carriera agonistica, un uomo come Luigi Burlando non poteva neanche contemplare di uscire dall’ambiente sportivo. Nella stagione 1930/31 divenne infatti responsabile del settore giovanile del Genoa, per poi essere addirittura promosso allenatore, ruolo che interpretò con il suo solito stile eclettico, ossia figurando contemporaneamente nella rosa dei giocatori.

Sostituito sulla panchina del Grifone dall’austriaco Karl Rumbold, Burlando divenne uno stretto collaboratore di Vittorio Pozzo, commissario tecnico della Nazionale azzurra, che all’epoca aveva già vinto il Mondiale italiano del 1934 e che, insieme al nostro Luigin, avrebbe trionfato anche al Mondiale giocato in Francia nel 1938.

Nella stagione 1940/41, Burlando sostituì il vecchio compagno di mediana Ottavio Barbieri e tornò sulla panchina del suo Genoa, conquistando un tranquillo decimo posto in Serie A, risultato che costituì il suo canto del cigno, al termine di una carriera sportiva strabiliante.

 

Luigi Burlando segna di testa da centrocampo

Burlando morì nel 1967 a Genova, la città che gli aveva dato i natali e che aveva assistito da più vicino alle sue imprese. Oggi, a onor del vero, non sono in moltissimi a ricordarsi di lui, forse perché i suoi record, coperti dalla coltre del tempo, si sono tramutati in freddi numeri, confinati su pagine sgualcite di giornali del secolo scorso. Il fatto che non esistano, che io sappia, video delle sue prestazioni, soprattutto se parliamo di quelle ottenute in sport meno popolari del calcio, rende certamente più difficile rimanere affascinati da Luigi Burlando.

A consegnarci un ritratto più vivido di questo atleta, che ci consenta di guardare a quei numeri con gli occhi luccicanti dei supporter dell’epoca, c’è però l’episodio forse più iconico della sua carriera.

Correva l’anno 1922 e a Milano, sul campo di Viale Lombardia, la Nazionale italiana affrontava i campioni olimpici del Belgio. La partita sarebbe terminata con un sonoro 4-2 per gli Azzurri ma, a rendere memorabile quella giornata, fu proprio la rete segnata da Burlando, che il giorno seguente veniva così descritto da La Stampa:

“…l’Italia ottiene furiosamente un quarto goal con un colpo di testa da oltre 40 metri di Burlando che, respingendo un rimando di Verbeek, fa descrivere alla palla una lunga parabola spiovente verso la porta. Debie, liberissimo, si muove incontro al pallone, ma non in tempo, perché questo, ripassando a terra, lo scavalca e cade nella rete”.

 

Luigi Burlando come Martin Palermo

Burlando aveva segnato di testa praticamente da centrocampo, respingendo il rinvio maldestro di un difensore e beffando il portiere Jean De Bie, colpevole probabilmente di un posizionamento un pò troppo avanzato. Quando leggiamo di imprese simili, che si perdono nella notte dei tempi, siamo istintivamente tentati di sminuirle, motivandole con il livello tecnico e le condizioni ambientali completamente differenti dell’epoca. Questo avviene proprio perché, molto spesso, non abbiamo testimonianze visive di quanto accadde, proprio come in questo caso.

Per aiutarci ad immaginare questo rocambolesco quanto spettacolare gol di Burlando, ci viene però in aiuto la rete segnata nel 2009 dal bomber di una squadra argentina che, caso strano, affonda le sue radici proprio a Genova. A chi, come me, è appassionato di calcio sudamericano, non sarà certamente sfuggito che sto parlando di Martin Palermo, il gigante del Boca Juniors. El Titan, durante un’importante partita degli Xeneizes contro il Velez, fece letteralmente crollare la Bombonera con il gol del definitivo 3-2 per il Boca, castigando un rinvio errato del portiere avversario e segnando di testa da circa 40 metri, più o meno la stessa distanza di Burlando.

Alla strabiliante rete del nostro Luigin, molto probabilmente, non seguì un boato assordante come quello della “12”, la curva del Boca, e certamente nessun telecronista gridò quel gol fino a perdere il fiato. A me però piace pensare a Luigi Burlando che si inchina al cospetto del suo pubblico, esausto dopo l’esultanza, proprio come Martin Palermo.

Pazienza se nessuno di questi due gol rappresenta oggi il record di distanza per una rete segnata di testa, raggiunto nel 2007 dall’attaccante inglese Graham Capstick dell’Holker Old Boys, con una capocciata da ben 52 metri. Ciò che conta non sono i numeri ma le emozioni che ne scaturiscono e, rivendendo il gol di Palermo, con uno sforzo di immaginazione, possiamo arrivare ad immedesimarci in chi, il 21 maggio del 1922, uscì dal campo di Milano ancora incredulo per ciò che aveva visto.

Quelle persone tornarono a casa e, probabilmente, non parlarono d’altro per settimane. La domanda sorgeva spontanea tra chi era meno informato: “dove gioca sto Burlando?”. La risposta era sempre la stessa: “gioca nel Genoa, hanno uno squadrone guidato da un inglese e sarà dura batterli”.

Andrea Stegani
Andrea Steganihttps://www.realtagenoana.it/2021/02/05/mio-padre-genoano/
47 anni, grafico web designer. Il Genoa è la mia malattia fin da bambino. Mi ritrovo molto in questa citazione: non amo il calcio, amo il Genoa!

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