Negli ultimi anni, a qualcuno di voi sarà capitato di guardare la Nord e notare uno stendardo a due aste, recante la scritta “JACK VIVE”; come si può facilmente intuire, è dedicato a un ragazzo che ci ha lasciati troppo presto.
Quando il direttore Luca Calzetta mi ha chiesto di scrivere un articolo sul nostro comune amico Jack, ho titubato; non è facile parlare di qualcuno che non c’è più a centinaia di persone che non lo conoscevano e, soprattutto, non volevo mancare di rispetto alla famiglia, con un articolo che poteva sembrare dettato da manie di protagonismo.
Poi ho pensato che, quando io e i miei amici abbiamo deciso di realizzare quello stendardo e di portarlo in giro per la penisola al seguito del Grifone, lo abbiamo fatto per tenere in vita Jack attraverso il suo ricordo. Questo articolo, in fondo, ha lo stesso scopo.
Giacomo Bagnasco, per gli amici Jack, è cresciuto come me tra Montaretto e Framura, due feudi rossoblu, situati in quella zona di levante ligure che di spezzino ha solo ed esclusivamente la provincia.
Sin da piccolo si vedeva che con il pallone tra i piedi ci sapeva fare e, con il suo innato senso del gol, divenne presto il terrore di tutti i portieri tra la seconda e la terza categoria. A questo punto avrete sorriso ma, che mi crediate o no, Jack avrebbe potuto giocare ad alti livelli, se non fosse stato per quella maglia della Framurese tatuata sotto pelle, insieme a quella del Genoa.
“Tu devi stare attaccato al 9 e accompagnarlo anche a pisciare, hai capito!?” era la raccomandazione che i mister delle squadre avversarie facevano, ogni sabato, al loro miglior stopper; ma era come parlare al vento, perché alla fine quel numero 9 finiva sempre per buttarla dentro.
Jack segnava in tutti i modi: di fino o di potenza, dentro o fuori dall’area, su punizione o in acrobazia. Mai stargli attaccati, perché faceva perno e se ne andava. Mai dargli un metro, perché ti puntava e se na andava lo stesso. Beh, occhio anche a stare troppo fuori dai pali, perché più di una volta l’ho visto uccellare dalla metà campo i portieri più distratti.
Non bastano però i gol a definirlo, perché Jack aveva anche le caratteristiche del vero capitano e, una volta stretta al braccio, nessuno gli tolse mai quella fascia, fino al suo ritiro. Non era uno di quei finti leader, che passano la partita a gridare, ma risparmiava il fiato e parlava con i fatti; finché lui non mollava, nessuno dei suoi compagni lo avrebbe fatto, e lui, inutile dirlo, non mollava mai.
Ho visto le mie prime partite all’Ottavio Barbieri di Framura (sì, proprio quell’Ottavio Barbieri, ma questa è un’altra storia…) e il mio idolo, sin da bambino, era proprio Jack. Crescendo, nonostante qualche anno di differenza, siamo diventati amici e ho scoperto che, a renderlo un fuoriclasse, erano le stesse qualità che facevano di lui una persona speciale.
Sotto il suo sorriso beffardo, quasi magnetico, si nascondeva sorprendentemente un ragazzo timido; ma sapeva farti credere in te stesso con un solo sguardo e, in fondo, stava proprio lì il suo essere leader. La lealtà e l’ammirazione di chiunque gli stesse attorno, compresi i suoi avversari sul campo, ne erano solo la logica conseguenza.
Ogni volta che il Genoa gioca in casa, dall’estremo levante della Liguria partono macchinate di Genoani in direzione del Ferraris e, su una di quelle macchine, c’era sempre anche Jack. E’ in sua compagnia e di pochi altri amici che mi sono innamorato del Genoa e della Gradinata Nord; fu così che, per molti anni, su quell’auto sgangherata che partiva alla volta di Genova e tornava spesso a Framura con le pive nel sacco, c’ero sempre anche io.
Non basterebbe un libro per raccontare tutte le avventure che abbiamo vissuto insieme, ma molti di voi ci hanno incrociato sicuramente più di una volta, al Pontetto o al Little Club. Chissà quante altre avventure avremmo vissuto, se non fosse stato per quel brutto male che ce lo ha portato via, a soli 37 anni, in quel maledetto 30 agosto 2017. Aveva lottato come un leone, nascondendo la sofferenza sotto il sorriso di sempre, ma non era bastato.
Nel giorno della tragica notizia, per noi amici fu quasi istintivo realizzare lo stendardo e comprare il biglietto per la trasferta di Udine, con la volontà di vivere ancora un’avventura insieme a Jack, la prima di tante avventure vissute in suo nome. Da allora, ad ogni gol del Genoa, vedrete il suo stendardo agitarsi nella Nord e un gruppo di ragazzi che guardano verso il cielo con gli occhi lucidi.
di Enrico Barbieri